Secondo la tradizione il nome della città deriverebbe dal nome del suo fondatore, Kaulo, eroe della guerra di Troia.
Secondo Francesco De Sanctis deriverebbe dalla parola kaulos = fusto, tronco. Secondo Strabone il suo nome deriverebbe invece da aulonia, vallonia, cioè valle profonda.
Circa le ipotesi riguardanti la sua origine, le fonti riportano due principali interpretazioni. La prima, sostenuta da Strabone (VI, 1, 10) e Pausania il Periegeta (VI, 3, 12), attribuisce agli Achei il ruolo di fondatori, nella persona di Tifone di Egio. La seconda ipotesi, propria di autori più moderni, propende invece per l'origine come colonia di Kroton (l'attuale Crotone). In realtà, non c'è una dicotomia tra le due ipotesi, dato che la prevalenza dell'una o dell'altra avrebbe influenza unicamente sulla data di fondazione.
La ricerca archeologica è infatti concorde nell'individuare nell'VIII secolo a.C. il periodo di fondazione di Kaulon; mentre l'influenza crotoniana, corrispondente al periodo di massimo splendore, è databile al VI secolo a.C..
La città era limitata a sud dal fiume Sagra, sulle cui rive nel VI secolo a.C. si svolse la famosa battaglia della Sagra, in cui Kaulon alleata con Kroton fu sconfitta da Locri Epizefiri e Rhegion, grazie al miracoloso intervento dei Dioscuri.
Kaulon venne poi sconfitta dalle forze congiunte dei Lucani e di Dionisio I di Siracusa, sconfitta che costò nel 389 a.C. la deportazione dei suoi abitanti a Siracusa e a Pietraperzia con la cessione del territorio a Locri, alleata del tiranno. Ricostruita da Dionisio il Giovane, Kaulon, fu però preda di Annibale nella seconda guerra punica, finendo poi definitivamente nell'orbita di Roma per opera di Quinto Fabio Massimo nel 205 a.C..
Fonti letterarie attestano che Kaulon avesse un porto con doppio approdo situato alla foce della fiumara d'Assi e che fosse quindi una città che commerciava in legname. Ricca di materie prime come pietra, magnesia, sale, oro e piombo, sarebbe stato anche un centro per la produzione di manufatti in metallo e vasellame.
Strabone ci riferisce che già ai suoi tempi la città era stata abbandonata a causa di conflitti con gli abitanti della regione circostante.
I primi scavi vennero effettuati nel 1911-1913 dall'archeologo Paolo Orsi, all'epoca Soprintendente ai Beni Archeologici della Calabria e cofondatore del Museo della Magna Grecia.
La struttura della città prevedeva l'esistenza di un centro urbano principale, cinto da mura e posto al livello del mare, all'interno del quale era presente un tempio dorico, di cui ancora oggi sono visibili le fondamenta.
Secondo gli studi effettuati, alla costruzione di questo tempio avrebbero verosimilmente partecipato maestranze provenienti da Siracusa, data l'alta quantità di calcare siceliota. L'area antistante il tempio, attualmente coperta dal mare, era altresì occupata dal centro abitato, come testimoniato dai reperti ivi ritrovati, e che testimoniano la progressiva erosione della costa nell'area.
Gli scavi condotti dalla Scuola Normale Superiore e dall'Università di Pisa a partire dal 1999 ed ancora in corso, hanno riportato alla luce buona parte del santuario urbano al quale appartenne il tempio dorico. Molti altri edifici di grandi e piccole dimensioni sono stati messi in luce o individuati attraverso lo studio sistematico dei materiali architettonici rinvenuti. E molte scoperte hanno permesso di comprendere l'articolazione delle fasi di vita del santuario, a partire dalla sua prima monumentalizzazione nella prima metà del VII sec. a.C. fino al progressivo declino dei primi decenni del III sec..
E' ormai superata l'ipotesi che la costruzione del tempio dorico si debba a maestranze provenienti da Siracusa: recenti studi litologici hanno infatti dimostrato che la pietra utilizzata non è un calcare siceliota, siracusano, bensì estratta in loco.
Al di fuori della cerchia delle mura, ed in particolare sul colle Tersinale, era inoltre sito un altro centro cultuale di grande rilievo, come desumibile dalle numerose testimonianze ivi raccolte. Da quest'area provengono alcune favisse ricche di frammenti di terrecotte architettoniche, in particolare frammenti di cassetta, sime frontonali, sime con gronde a testa di leone, alcuni acroteri angolari ed uno centrale, tutto materiale proveniente da tre fasi costruttive diverse di un piccolo tempio.
I numerosi reperti archeologici provenienti dagli scavi effettuati sul posto sono per lo più esposti al Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.
Di particolare rilievo sono due mosaici di eccezionale fattura, entrambi raffiguranti un drago, uno dei quali copre un'area di 25 m² ed è quindi considerato "il più ampio mosaico ellenistico reperibile al Sud".
Entrambi i mosaici sono attualmente esposti presso il Museo Archeologico di Monasterace.
Il Faro di Punta Stilo si trova sull'omonimo promontorio, sito nel comune di Monasterace nei pressi del Parco Archeologico dell'antica Kaulon.
La collina che lo ospita consente di apprezzare uno splendido panorama sul tutto il promontorio e parte del golfo di Squillace, fino a Le Castella.
Il faro è una torre a base ottagonale, con strisce bianche e nere, collegata ad altro edificio ad un piano: si ritiene che la torre sia stata costruita su ruderi di epoca classica (forse un tempio dedicato a Zeus).